Info sul documento

il quotidiano La Tribuna
n questo articolo abbiamo uno dei primi resoconti inviato dai suoi cronisti, al quotidiano "La Tribuna" di Roma. Nel testo si coglie tutta l'incertezza che il giornalista avverte nell'ignorare (ma che sospetta) le reali dimensioni della tragedia. Nelle prime ore successive al sisma gli organi ufficiali non furono in grado di circoscrivere l'area colpita dal terremoto e, pertanto, i giornalisti in veste (quasi) di esploratori svolgerono una reale funzione di servizio civile.

Documenti collegati

Nel sito

Terzaclasse.it su dispositivo mobile

Visita Terzaclasse.it con un dispositivo "Mobile"

Terzaclasse.it > Documenti per contesto storico > Attraverso la devastata Valle del Liri

I documenti di Terzaclasse.it

Attraverso la devastata Valle del Liri
Verso la rovina e la strage di Sora
(La Tribuna 14 gennaio 1915)

Cassino 14.

Un Triste esodo

Stanotte alle 3, alla stazione di Roccasecca, due treni notturni, il Napoli-Roma e il Roma-Napoli, che si incrociano presso a poco alla stessa ora, hanno riversato una folla incredibile. Alla stazione di Roccasecca, posta a 112 chilometri da Roma, si dirama la linea che, per Arce ed Arpino, attraversando la vallata del Liri, mena a Balsorano per continuare poi fino ad Avezzano.
Ieri sera, a Roma, come sapete, si erano sparse gravissime notizie sulla sorte di Avezzano e paesi vicini; ma notizie gravi erano pervenute, sebbene in forma vaga, anche sulla sorte di Sora, la graziosa antica cittadina che si stende sulla riva destra del Liri. Ed in folla i nativi di Sora si sono precipitati da Napoli e da Roma per raggiungere la loro città e i loro parenti sulla cui sorte erano naturalmente ansiosi perché la voce corsa precisava in circa500 il numero delle vittime. Questa folla si è silenziosamente, quasi macabramente, raccolta in un interminabile treno composto di una locomotiva e una ventina di carri merci: carrozze per viaggiatori non ce n'erano più disponibili allo scalo di Roccasecca perché i treni partiti durante il giorno per la linea di Sora non erano più tornati.
I vagoni erano stati requisiti nelle varie stazioni per albergare il personale ferroviario e i profughi della città.
Eppure questa folla, costretta a viaggiare per varie ore in piedi, al buoi, in una notte rigidissima, pigiata fino all'asfissia, non ha emesso un lamento, la minima protesta. Nella piena muta del suo dolore, nello spasimo di un'attesa straziante non si è accorta dellincredibile, ripugnante disservizio ferroviario. Alcuni anzi hanno provveduto a riparare in parte alla vergognosa incuria del personale ferroviario, comprando al “buffet” modeste steariche che sono state accese sui pianciti dei carri, male odoranti di bestiame e di merci avariate.

Raccolta così intorno a queste tremule faci che ne illuminavano di sotto in sopra tragicamente i volti emaciati e disfatti dalla muta angoscia, quella povera gente pareva condannata ad un nuovo martirio. E il martirio si è prolungato per parecchie ore, poiché, per giunta, il treno non si è deciso a partire che con un'ora e mezzo di ritardo: il macchinista, infatti, protestava per l'eccessivo peso del treno, essendo giunta alla stazione notizia della compromessa solidità di alcuni ponti e viadotti lungo la linea.
In uno dei carri ho visto il vescovo di Sora, mons. Iannotta, che si trovava fuori di residenza e si affrettava a ritornarvi. Anche egli ha fatto il viaggio in piedi, addossato alle grezze tavole di legname rosso; e in non migliori condizioni si trovavano gli ufficiali comandanti i vari reparti di truppa, accorsi da Roma e da Caserta per portare sui luoghi del disastro la loro opera efficace, paziente e generosa.
E vogliate a questo proposito permettermi una parola di lode incondizionata per questi giovani nostri dei quali ho potuto stanotte apprezzare come forse non mai, lo spirito di abnegazione, la disciplina e la rassegnazione al sacrificio. Infatti, quando stanotte, una volta giunto a Sora, alla vista delle immani e difficili macerie, ho detto ad un soldato zappatore con accento di compassione: - “Ci sarà da lavorare molto!” - il soldato mi ha risposto tranquillamente con un sorriso accennando ad alcuni bimbi: - “Così potesse la mia zappa ridare la madre a chi l'ha perduta!” - Ed aveva viaggiato con i suoi camerati tutta la notte in piedi, carico dello zaino e dei mille accessori speciali, nel freddo e nell'incubo dell'immane mistero di fronte al quale la sua povera zappa non era che l'attimo di fronte alla eternità.

Nella vallata del Liri

Il treno finalmente parte. Alla lunga teoria dei carri è stato possibile aggiungere una carrozza di terza classe nella quale i più svelti sono riusciti a prendere posto; ad ogni posto per uno sono tre o quattro persone.
Ma i giovani cedono il posto ai vecchi con deferenza insolita, gli uomini alle donne con un rispetto non consueto. E si intrecciano le conversazioni: nel giro di pochi minuti in ogni compartimento ogni viaggiatore sa la storia e crucci tormentosi di tutti gli altri. Siamo alla prima stazione: Arce. I viaggiatori si protendono agli sportelli nella ansia delle prime notizie. Tra la gente accalcata sui marciapiedi della stazione e i viaggiatori si impegnano conversazioni affrettate a scatti palpitanti di domande e risposte.

- E' vivo!
- E' morto!


Il treno riparte portando un nuovo carico di lacrime, di disillusioni, di conforti e di speranze che si avvicendano in una ridda caotica: chi piangeva ora ride, chi rideva ora piange, chi disperava, spera, chi sparava ancora , appare rassegnato. Non credo che nella mia vita mi capiterà di vivere ore più piene e più intense di queste.

Arpino e Isola del Liri

La rabbiosa forza tellurica ha mietuto numerose vittime umane; ed eccovi una sommaria statistica. Ad Arce molti feriti lievi, e qualche lesione alle case. A Fontana Liri multi edifizi crollati. Un bambino morto e si contano due feriti gravi e molte persone leggermente contuse.
La città di Arpino ha sentito molto la scossa che ha prodotto lesioni ad innumerevoli fabbricati. Il panico è stato grandissimo negli abitanti, specialmente in quelli delle campagne. Il Convitto Nazionale è inabitabile e gli allievi sono stati rinviati alle famiglie. La stazione di Arpino è molto danneggiata e le case circostanti sono in massima parte crollate, seppellendo sotto le macerie otto persone. Fra i morti si annoverano la signora Costanza Giovannone, cinquantenne, col nipote Vincenzo, tredicenne, la giovane moglie di un contadino, tale Adelina Ridotti, Francesco Giovannone con la moglie ed un figliuolo, la signora Marietta Giovannone con la nipote omonima diciottenne. Isola del Liri. L'industre cittadina che conta circa 18,000 abitanti è stata colpita gravemente.
Il quartiere operaio di San Domenico, che si estende attorno alla storica chiesa medioevale, è quasi tutto crollato. Però si contano solamente trenta morti e un centinaio di feriti, perché all'ora della scossa gli operai erano quasi tutti nelle loro officine. Delle famose cartiere del Fibreno è resa inabitabile la più antica. Fra i morti si annoverano l'intera famiglia Courier, della quale si è salvato solamente il sig. Riccardo, la famiglia De Maria e alcuni congiunti del ricco industriale Viscogliosi. La stazione ferroviaria è inabitabile, un casello vicino è raso al suolo. Tutto un lato di Castel Liri è crollato e un centinaio di persone sono rimaste sotto le macerie.

A Sora

Finalmente alle 7,30 il treno giunge a Sora. Anche se la città fosse stata incolume, la prima impressione non potrebbe essere più desolante. La stazione ferroviaria ha l'aspetto di una persona viva cui sia stato asportato con un tremendo colpo di rasoio, tutto il volto. Infatti gran parte della facciata non esiste più. Delle finestre che danno la luce al piano superiore, una sola è rimasta intatta: la prima a sinistra. La seconda si regge per miracolo sui cardini che non hanno più nessun appoggio nelle pareti. Le altre tre non esistono più affatto. Di fuori si scorgono le camere sventrate.
La sala del pianterreno, dove erano gli uffici, sono ermeticamente chiuse. Il primo binario è ingombro di fili di ferro, blocchi di pietra e di calcinacci fino al basso in modo desolante. Gli uffici del capo stazione e del telegrafo sono stati trasportati in un carro merci cui è accodata una vettura di prima classe nella quale hanno passato la notte le famiglie degli impiegati. Dopo questo preannunzio ci si avvia al paese con l'animo stretto dall'angoscia. Un viale lungo ben 200 metri unisce la stazione alla città, una graziosa città che estendeva la sua prima visuale lungo la sponda destra del Liri rapido e gonfio per le recenti pioggie, in una graziosa sfilata di palazzi: un ricordo in miniatura della famosa palazzata di Messina.
Ma di quei palazzi non restano oggi che le mura a piombo, e finestre sventrate e travi che crollano a mano a mano l'una dopo l'altra sotto la furia delle scosse che non mutano il loro lavorio di distruzione, risuscitando ogni volta il panico nella popolazione desolata e rievocando gli orrori della prima scossa. E infatti di scosse se ne sono avute fino alle 8,30 di stamane ben cinque. Alle ore 7 di ieri sera., alle ore 11 e tre quarti, all'una, alle 4 e alle 8,30, pochi minuti, cioé, dopo passate le 24 ore dalla scossa maggiore. Il che ha fatto emettere un sospiro di sollievo a tutti coloro che credono nella infallibilità delle predizioni di Barbanera. Sora si estende a ferro di cavallo sulla riva destra del Liri e la città vecchia è tutta fabbricata su di essa. Cominciano a sorgere da un poco di tempo i quartieri nuovi.
Uno di questi era la palazzina rossa a destra del viale della stazione, una bella palazzina a tre piani della quale ora non resta che una collinetta informe di polvere e di travi sulla quale si affannano, in un'opera destinata senza dubbio a rimanere infruttuosa nei riguardi della vita umana, una trentina di carabinieri e un drappello di soldati del Genio. Sotto i ruderi di questa palazzina sono rimasti oltre una ventina di operai che lavoravano in un laboratorio di ebanisteria al pianterreno, il pretore di Sora avv. Petillo con la famiglia, il consigliere della prefettura De Mattia, con la famiglia, il segretario-capo del comune avv. Marchetti, l'ufficiale sanitario dottor Cianciosi. Una quarantina di persone in tutto, delle quali fino alle 9 ½di stamane non ne era stata estratta che una sola, una delle signorine Marchetti. L'opera di disseppellimento in questa palazzina è anche resa più difficoltosa dal fatto che i materiali sono talmente aggrovigliati da mettere in serio pericolo i carabinieri.

Mango.

(A questo punto le pessime condizioni della linea hanno reso assolutamente impossibile la ulteriore trasmissione della lettera telefonica del nostro inviato speciale).

Riferimenti: archivio di Terzaclasse.it

Copyright: Terzaclasse.it 2013