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Didascalie

In alto: disegno schematico di una locomotiva a vapore di tipo "Mallet", (fine del XIX secolo).
In basso: sezione illustrativa di una linea metropolitana di Parigi (fine del XIX secolo).

Note

1 – La crisi agricola colpì, soprattutto, quei paesi che ancora avevano una preponderante vocazione agricola come l’Italia. Oltre alle difficoltà commerciali (l’apertura al libero mercato) il nostro paese scontò anche una crisi di arretratezza dei sistemi produttivi che in vaste zone del suo territorio erano rimasti al latifondo o alla mezzadria.

2 – Il Regno delle Due Sicilie sembrò più aperto nell’adottare le novità industriali, come dimostra la realizzazione, nel 1837-39, della prima linea ferroviaria che andava da Napoli a Portici e all’impiego del primo vascello a vapore del Mediterraneo, il “Ferdinando I” varato a Napoli nel 1818 e che fece il suo viaggio inaugurale dalla capitale partenopea a Marsiglia in poco più di un mese (27 settembre – 30 ottobre 1818).

3 – Tra il 1879 e il 1880 fece la sua comparsa in Italia la fillossera, un parassita che attacca l’apparato radicale della vite causandone la morte. I primi casi furono registrati presso Como (1879) e in Sicilia (1880). In poco tempo tutti i vigneti della penisola (e del mondo) furono colpiti dall’insetto causando un danno economico irreparabile a decine di migliaia di viticoltori.
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L'emigrazione italiana

Terzaclasse.it > L'Emigrazione/Introduzione > La società europea del XIX secolo

La società europea del XIX secolo.

L'Europa che cambia

Non si può parlare di emigrazione italiana senza affrontare, almeno per sommi capi, la storia dell’Europa e, di riflesso, quella del nascente Regno d’Italia. Questo, riteniamo, debba essere il percorso necessario per cercare di comprendere i meccanismi economici e sociali che hanno permesso l’epopea della “Grande Emigrazione” che ha coinvolto quasi tutti i popoli del vecchio continente.

Tra la fine del ‘700 e gli inizi del Ventesimo secolo l’Europa ha vissuto una fase storica che ha cambiato in modo radicale la cultura, l’economia e la società del vecchio continente proiettandolo così verso il futuro che stiamo vivendo. A partire dalla seconda metà del Diciottesimo secolo (1760-1780) si affermò, infatti, Locomotiva a vapore l’uso generalizzato della macchina a vapore in grado cioè di funzionare senza sfruttare l’energia animale, sia nel comparto industriale, soprattutto meccanico e tessile, che nel settore dei trasporti (invenzione della locomotiva e sviluppo delle ferrovie prima, anche propulsione navale subito dopo). La nuova tecnologia cambiò il processo produttivo in maniera definitiva aprendo la porta alla moderna fabbrica industriale; le ferrovie incrementarono la velocità e la sicurezza dei collegamenti terrestri con notevoli ricadute sulla mobilità della società ottocentesca.

La Francia e la Gran Bretagna

I paesi che seppero approfittare delle opportunità che si prospettarono furono quasi esclusivamente quelli europei, con la Gran Bretagna e la Francia in prima fila, favoriti in questo da una classe politica lungimirante, una borghesia illuminata e disponibile ad investire e, soprattutto, dalla disponibilità di materie prime abbondanti (soprattutto il carbone). La “prima rivoluzione industriale” può essere considerata l’incubatrice del processo di cambiamento di cui si è detto all’inizio. Non a caso, dai primi anni dell’Ottocento si assistette, in Europa, ad un deciso incremento del numero di abitanti favorito dalla maggiore sicurezza sociale - il progresso scientifico in campo medico e lo sviluppo tecnologico iniziavano a far sentire i loro effetti – ed economico – l’aumento generalizzato della produzione aveva bisogno di addetti sempre più specializzati tanto che si iniziò a parlare di padroni, fabbriche e classe operaia.
Lo sviluppo tecnologico (ed economico) ebbe una vistosa accellerazione tra il 1870 e la fine del secolo allorquando l’economia europea beneficiò di una “seconda rivoluzione industriale” innescata e sostenuta dall’impiego di nuove fonti energetiche che abbassarono ulteriormente i costi dei beni e aumentarono la produttività. Si trattava dell’olio combustibile e dell’energia elattrica. In particolare, quest’ultima consenti anche a paesi come l’Italia, sostanzialmente sprovvisti di materie prime, di beneficiare del progresso tecnologico e industriale grazie all’impiego dell’energia idroelettrica, di cui il paese era ricco, che fu utilizzata per sostenere il nascente il comparto siderurgico settentrionale e la manifattura tessile.

L’impetuoso sviluppo industriale che investì una società ancora priva di quei meccanismi di autoregolamentazione che avrebbero, in seguito, attenuato l’effetto di congiunture sfavorevoli, portò direttamente alla grande depressione di fine secolo. L’aumento esponenziale di beni e merci reso disponibile sul mercato europeo dallo sviluppo industriale si scontrò con una domanda ancora limitata dovuta alla scarsa disponibilità finanziaria della nascente borghesia urbana e alla inesistente capacità di spesa delle classi popolari. Motore a vapore Alle difficoltà causate dalla sovrapproduzione industriale si aggiunse, a partire dal 1880 circa, una estesa crisi del settore agricolo (1) dovuta, in primo luogo, dal crollo dei prezzi delle derrate alimentari sui mercati europei in seguito alla massiccia importazione di grano americano, oltre che dalle tecniche agricole ancora arretrate. Nella seconda metà del secolo, il commercio transoceanico si avvalse, di una congiuntura favorevole inescata dalla fine della Guerra di Secessione americana (1865), che permise la rinascita del settore agricolo degli Stati Uniti, e dallo sviluppo dei grandi piroscafi in ferro che consentirono l’abbattimento dei costi di trasporto e la diminuzione dei tempi necessari per la traversata oceanica.

Lo sviluppo economico e sociale in Italia

In Italia le dinamiche economiche e sociali seguirono più o meno lo stesso processo. Differenze, tuttavia, vi furono e non di poco conto. In primo luogo nei tempi. Lo sviluppo industriale fu tardivo sia per cause politiche – il paese fino al 1861 era diviso e gli stati preunitari non ebbero la forza economica e la capacità di recepire (2) le novità tecnologiche - che naturali – il territorio italiano era privo delle principali materie prime, come il carbone ed il ferro, che sostennero lo sviluppo industriale nel resto del continente. L’unificazione del 1861 migliorò solo in parte la situazione: i governi postunitari dovettero gestire gli ingenti costi della riunificazione e dotare il paese di una prima, necessaria, rete di infrastrutture quali ferrovie, strade, porti, in grado di favorire la nascente industria nazionale. Fu necessario, inoltre, emanare un corredo di norme e leggi comuni a tutto il Regno che garantissero l’unità dello Stato. La fiscalità degli stati preunitari fu abolita e sostituita da pesanti tributi, destinati a ripianare il deficit del Tesoro, imposti da Torino senza tenere conto delle diverse realtà economiche che caratterizzavano i territori di nuova acquisizione. I cambiamenti fiscali ebbero un impatto dirompente su comunità abituate a prelievi di tipo feudale che, tuttavia, permettevano loro di sopravvivere con le scarse risorse agricole che avevano a disposizione. Gli effetti di una fiscalità ottusa, sommati alle ricadute della crisi agraria europea aggravata da congiunture naturali avverse (3) resero la vita delle classi popolari impossibile e molti, per non essere costretti a convivere con una povertà assoluta, decisero di andare a cercare fortuna in paesi in piena espansione economica, favoriti in questo da trasporti navali veloci ed efficenti.

Bibliografia

Duggan, C., “La forza del destino. Storia dell’Italia dal 1796 ad oggi”, Editori Laterza, Roma-Bari 2007.

Sabatucci G., Vidotto V., “Il mondo contemporaneo dal 1848 ad oggi”, Editori Laterza, Roma-Bari 2005.

Per approfondire

Manifesto dell'Esposizione Universale di Milano. (Osserva...)

Le ferrovie nell'Italia liberale (1861-1921). (Leggi...)

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