Da Terzaclasse.it

Didascalie

In alto: Re Umberto I di Savoia venne ucciso a Monza dall'anarchico Gaetano Bresci
In basso: Giovanni Giolitti fu il principale esponente politico dell'Italia del primo Novecento

Note

1 – Giolitti fu un fautore del progetto di nazionalizzazione delle ferrovie che tentò di portare a compimento durante il suo secondo mandato ma, viste le difficoltà che incontrava il suo progetto, preferì dimettersi e lasciarne l'onere (e i rischi) al suo successore designato, Alessandro Fortis.

2 – Tra il 1901 e il 1915 espatriarono quasi nove milioni di persone (8.770.000, per l'esattezza – Fonte Istat). La punta massima fu raggiunta nel 1913 con 870.000 partenze.

3 – Il Banco di Roma fece un importante lavoro di “lobbing” sul governo per proteggere i propri investimenti in Tripolitania e in Cirenaica.

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L'Italia liberale

L'Italia di Giolitti

I moti popolari

Umberto I di Savoia L'Ottocento si chiuse con la società italiana in pieno fermento. L'aumento del prezzo del pane dovuto alla penuria del grano sui mercati europei catalizzò il disagio della popolazione per le precarie condizioni di vita a cui era costretta. In diverse parti del Paese, a partire dalla Romagna e dalla Puglia, scoppiarono sommosse che si estesero anche ai maggiori centri urbani. Per contrastare il fenomeno il governo dichiarò lo stato di assedio a Milano, a Napoli e in Toscana, ma questo non bastò a sedare del tutto le rivolte. A maggio le truppe del Regio Esercito comandate dal generale Fiorenzo Bava Beccaris aprirono il fuoco con i moschetti e i cannoni contro la folla che protestava uccidendo decine di persone e ferendone centinaia.
Il ministero di Luigi Pelloux (29 giugno 1898 - 14 maggio 1899 e 14 maggio 1899 – 24 giugno 1900) tentò di proseguire con la politica repressiva iniziata dal suo predecessore (Antonio di Rudinì) ma fu costretto a rinunciare per un forte ostruzionismo delle forze progressiste sia in parlamento che nella società civile.

Nei primi anni del secolo gli orientamenti politici del Governo presero altre direzioni. Salito al trono Vittorio Emanuele III dopo l'uccisione, a Monza, del padre Umberto I ad opera dell'anarchico Gaetano Bresci, il sovrano prese atto che la repressione invece di fiaccare le forze della sinistra le aveva ricompattate e, pertanto, decise di affidare la direzione dello Stato a personaggi più disponibili al dialogo. Con i ministeri di Giuseppe Zanardelli (15 febbraio 1901 – 3 novembre 1903) e, soprattutto, di Giovanni Giolitti (3 novembre 1903 – 12 marzo 1905) venne inaugurata una stagione di aperture e di riforme che durò fino alla prima guerra mondiale e che permise all'Italia di vivere la prima e vera fase di sviluppo sociale ed economico della sua storia.

Giovanni Giolitti

Giovanni Giolitti Il protagonista principale di questo momento fu senza dubbio Giolitti. Lo statista piemontese, un uomo formatosi nell'amministrazione dello Stato di cui, pertanto, conosceva tutti i segreti, era un deciso fautore del coinvolgimento dei socialisti riformisti nel dibattito politico di governo. Riteneva questo passo necessario per una precisa scelta strategica: in primo luogo tale coinvolgimento, poteva rappresentare un tentativo di dividere il fronte progressista, isolando l'estrema sinistra e gli anarchici dalla compagine riformista di Turati, e in questo modo, dare la possibilità a settori della società italiana fino ad allora esclusi dal dibattito politico di dare il loro contributo al suo programma riformista che riteneva necessario per la modernizzazione della società e lo sviluppo economico del Paese.
Giovanni Giolitti si mosse sempre in questa direzione, nonostante il rifiuto di Turati di entrare a far parte della compagine governativa. Certo, il suo percorso non fu sempre lineare e orientato a sinistra, ma, nonostante questo, negli anni in cui fu in grado di esprimere il suo protagonismo politico si assistette ad una parziale normalizzazione dei rapporti commerciali con la Francia, ad un sostanziale miglioramento delle condizioni lavorative degli operai e dei braccianti grazie alla sostanziale non ingerenza dello stato nei conflitti sindacali, all'approvazione delle leggi speciali per Napoli e per la Basilicata nel 1904, alla riuscita nazionalizzazione delle ferrovie avvenuta nel 1905 (1).
Dal punto di vista sociale furono, infine, di fondamentale importanza l'allargamento, portato a compimento nel 1912, del suffragio elettorale a tutti gli uomini di almeno trent'anni o ai maggiorenni alfabetizzati o che avessero compiuto il servizio militare e, sempre nello stesso anno, l'introduzione del monopolio statale nel settore delle assicurazioni sulla vita che consentiva di sostenere una forma rudimentale di stato sociale.

Lo sviluppo economico e la guerra di Libia

Grazie a questa politica, nei primi anni del '900, l'Italia fu in grado di consolidare un deciso sviluppo economico ed industriale che beneficiò in primo luogo la siderurgia e, a seguire, l'industria tessile, la meccanica e la chimica mentre nel settore bancario si assistette alla nascita della Banca Commerciale Italiana e al Credito Italiano. La spinta decisiva alla crescita fu data, tuttavia, data dal settore energetico. In quegli anni si assistette al massiccio sviluppo dell'energia idroelettrica che fu in grado di sostenere la produzione industriale nonostante la cronica carenza, in Italia, di materie prime.
Un contributo importante al miglioramento economico del paese venne anche dalla massiccia emigrazione dei suoi sudditi. Può sembrare una contraddizione, ma l'espatrio di centinaia di migliaia di persone dirette, per lo più, verso mete transoceaniche (2) assicurò una diminuzione reale della pressione sociale da parte delle classi popolari a cui fece riscontro un deciso aumento delle rimesse monetarie degli emigrati che contribuirono a migliorare le condizioni economiche di vasti strati della popolazione rurale.

In politica estera Giolitti, come si è detto, perseguì un sostanziale riavvicinamento alla Francia senza, tuttavia, mettere in discussione il trattato della Triplice alleanza, ma fu nel Mediterraneo che lo statista esplicitò le sue vere intenzioni. Spinto dalla crescita di un deciso movimento nazionalista e dalle pressioni di importanti settori economici (3), Giolitti per assicurare la stabilità interna e al suo governo, decise di dichiarare guerra all'Impero ottomano e di invadere la Libia (ottobre 1911). Il conflitto fu iniziato con la convinzione di facili conquiste ma in pochi giorni l'operazione si rivelò essere molto più difficile del previsto a causa della decisa resistenza delle popolazioni arabe e della guarnigione turca.
La guerra si protrasse fino all'ottobre del 1912, data in cui fu firmata la pace di Losanna tra Roma e Costantinopoli, dopo che la Regia Marina aveva esteso il conflitto allo scacchiere egeo con la conquista delle isole delle Sporadi meridionali o Dodecaneso.

Bibliografia

Bevilacqua P., De Clementi A., Franzina A. (a cura di), “Storia dell'emigrazione italiana. Vol. 1 – Partenze”, Donzelli Editore, Roma 2001.

Cammarano F., “Storia dell’Italia liberale”, Editori Laterza, Roma-Bari 2011.

Del Boca A., “Gli italiani in Africa orientale”, vol. I, Mondadori, Milano 1992.

Duggan, C., “La forza del destino. Storia dell’Italia dal 1796 ad oggi”, Editori Laterza, Roma-Bari 2007.

Mack Smith D., “Storia d’Italia dal 1861 al 1997”, Editori Laterza, Roma-Bari 2010.

Mola A., “Giolitti”, Mondadori Editore, Milano 2003.

Sabatucci G., Vidotto V., “Il mondo contemporaneo dal 1848 ad oggi”, Editori Laterza, Roma-Bari 2005.

Per approfondire

Logo documenti Testo dell'ultimatum italiano all'Impero ottomano. (Consulta...)

Logo giornale Il Giornale d'Italia sui preparativi dello sbarco a Tripoli. (Consulta...)

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